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17Set

Alla ricerca dell’emozione perduta

17 Settembre 2025 silvia Racconti 87

Racconti

Alla ricerca dell’emozione perduta
Un evento che ha innescato curiosità e meraviglia, una conviviale settembrina del Rotary Club Forlì che lascerà un’impronta destinata a durare nel tempo.

Il corpo umano resta una delle frontiere più affascinanti della conoscenza. Al centro, il cervello: una complessa rete di cellule e connessioni che regola emozioni, pensieri, azioni e reazioni attraverso meccanismi ancora in parte sconosciuti. A sciogliere molti nodi, la raffinatezza e il sapere di Alessandro Agostini, professore associato del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche e psicologia clinica, Alma Mater Studiorum (Bologna).

Psicologia e neuroscienze. Come esplorare il cervello, le emozioni, il comportamento

Le nuove scoperte neuroscientifiche aprono scenari inattesi sul funzionamento della mente umana.

Un pugno di nuclei di neuroni, l’amigdala, quella piccola mandorla situata all’interno dei lobi temporali del cervello, parte del sistema limbico e il cervello che funziona per reti e non per nuclei: quante nuove scoperte in ambito psicologico e neuroscientifico grazie alla risonanza magnetica funzionale.

Il cervello, questo enigma affascinante…

Nel cuore del corpo umano, l’organo che custodisce pensieri, emozioni e identità.

Il cervello è un organo plastico. Funziona in maniera modulare ed è asimmetrico. Le particelle corticali frontali sono nell’uomo, insieme all’amigdala la parte del cervello interessata alle emozioni. Una connessione tra ‘ragione e sentimento’.

Il cervello funziona per reti (cerebrali), non per nuclei. Il cervello non dorme mai, non si spegne. Ci garantisce che al momento del risveglio ricordiamo chi siamo, ci dà la continuità di noi stessi. Tutto ciò è garantito dal fatto che non si spegne mai. Garantisce il senso di sé e la continuità di sé.

Le emozioni sono schemi inconsci e preordinati: una persona non sa di essere spaventata finché non si attivano i circuiti cerebrali deputati, come l’amigdala. In quel momento la peristalsi si rallenta o si blocca, il corpo reagisce, ma non siamo noi a deciderlo consapevolmente.

È stato provato che sui pazienti malati di stati cronici infiammatori che il cervello, in risposta a un test, presenta una mappatura di aree diversa rispetto a un uomo sano sottoposto allo stesso test. il cervello del paziente cronico non fa vedere una mappatura di ‘cose belle’.

… e il legame con il «secondo cervello»

Quando lo stress parte dalla mente e arriva fino alle viscere, mostrando quanto siamo interconnessi

Questo dialogo costante tra cervello ed emozioni non influenza solo il corpo, ma anche i nostri pensieri, le decisioni e i comportamenti, rivelando quanto sia profonda l’interconnessione tra mente e corpo. Quando viviamo una situazione di stress, l’amigdala attiva una risposta di allarme che coinvolge l’ipotalamo e il sistema nervoso autonomo. Il corpo si prepara alla fuga o all’attacco: il flusso sanguigno si concentra nei muscoli e la digestione rallenta. È per questo che lo stress “si sente nello stomaco”. L’intestino, dotato di una propria rete di milioni di neuroni è definito “secondo cervello” perché comunica costantemente con il cervello attraverso il nervo vago.

Mirror Neurons

Così impariamo le emozioni, osservando chi ci sta accanto.

Il professor Agostini ha parlato dei neuroni specchio che collegano percezione e azione, emozione e comprensione. Sono queste speciali cellule nervose che ci permettono di imparare osservando gli altri, soprattutto nei primi anni di vita. Da chi impariamo le emozioni? Un bambino, per esempio, vede negli occhi della madre la paura di fronte a un cane: quella paura diventa anche sua. Così, quando incontrerà un cane, proverà a sua volta timore, senza sapere esattamente perché.

Pensare le emozioni
Empatia e mentalizzazione: il ruolo delle parole per dare forma ai sentimenti.

L’emozione è un evento corporale, un evento fisico. Siamo tristi perché il sentire le lacrime sul viso, ci provoca questa emozione, oppure le lacrime insorgono in risposta a un’emozione di dolore?

Dobbiamo abbattere la vecchia idea di una dualità tra psiche e soma: non esiste separazione, mente e corpo sono un tutt’uno. Non aumentano i neuroni, aumentano le sinapsi, cioè le connessioni tra loro.

Rispondendo a una domanda dal pubblico su come educare il cervello a non lasciarsi travolgere dallo stress di fronte agli stimoli esterni, il professor Agostini ha parlato di mentalizzazione, strettamente legata all’empatia. Mentalizzare significa riconoscere e comprendere i propri stati emotivi e quelli degli altri: sentire ciò che l’altro prova e, insieme, restare consapevoli dei propri pensieri. Quando siamo sotto stress, però, la capacità di mentalizzazione si abbassa: lo stress inibisce i circuiti cerebrali dell’empatia e delle emozioni, e quando le emozioni prendono il sopravvento diventa più difficile pensare e capire. Per allenare l’empatia — e con essa la mentalizzazione — occorre fermarsi, porsi domande, condividere tempo con gli altri e imparare a “pensare le emozioni”. Le parole sono strumenti essenziali in questo processo: più parole abbiamo, più possiamo esprimere ciò che sentiamo. Raccontare, scrivere, essere ascoltati da qualcuno che ha cura di noi: sono pratiche che aiutano a dare forma alle emozioni e a integrarle nel pensiero.

Dare voce al mondo interno

Affrontare lo stress significa prima di tutto imparare a raccontare ciò che sentiamo.

Di fronte a una situazione stressante, spesso non è la realtà esterna a travolgerci, ma l’incapacità di dare voce a ciò che accade dentro di noi.
Come ha ricordato il professor Agostini, «non riusciamo a mostrare il nostro mondo interno, tutto ciò che sta dentro di noi».
Ed è proprio questo uno dei grandi ostacoli: senza parole per raccontare ciò che proviamo, le emozioni restano bloccate, invisibili, e finiscono per dominarci.
Imparare a riconoscerle, nominarle e condividerle è il primo passo per affrontare lo stress — e per tornare a sentirci presenti, lucidi e liberi.

Silvia Veronese

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20Feb

Le costellazioni familiari

20 Febbraio 2025 silvia Racconti 69

Racconti

Sono sempre stata incuriosita dal ‘sistema’ delle costellazioni familiari. Pur leggendo saggi sull’argomento, non ero mai arrivata a una comprensione chiara di questo procedimento utilizzato in psicoterapia per risolvere alcune disfunzioni o blocchi emotivi che causano stati depressivi, ansiogeni, paure ingiustificate, disturbi alimentari eccetera. A volte non si riescono a comprendere i motivi di un disequilibrio psicofisico, di uno stato che ci impedisce di portare termine un progetto importante. Certi ‘sospesi’ che pesano sul nostro stato di malessere, ferite che non si rimarginano, dolore e sofferenza che non riusciamo a comprendere, derivano da ‘insoluti’ familiari.
Partecipando a un seminario diretto dal dottor Enrico Ruggini, tutto mi è apparso chiaro.
Di seguito le mie considerazioni.

Il valore delle costellazione familiari
La mente ha bisogno di vedere e di provare emozioni. Per superare i traumi, bisogna farli rivivere: non importa se il trauma è accaduto nel passato (magari ai miei antenati o comunque a persone familiari che me lo hanno lasciato in eredità). La mente non distingue ciò che è reale da ciò che è immaginato. E l’emozione che si viene a creare nel sistema delle costellazioni familiari, si fissa nella mente e diventa memoria che rimane e ha la funzione di risolvere i blocchi emotivi che ci colpiscono.

 Introduzione al sistema delle costellazioni familiari
«Si proveranno sensazioni difficili da interpretare. Ci si deve lasciare guidare, sentire quello che passa attraverso noi stessi, rispondere se è il caso di allontanarsi o avvicinarsi. Per le costellazioni familiari si viene utilizzati come strumenti dall’energia del sistema ‘costellazione familiare’. Si tratta di un campo energetico. Le CF servono per scoprire dinamiche che rivelano i segreti di famiglia e che vengono svelati attraverso il ‘sistema’ delle costellazioni. Il più delle volte i traumi trovano una strada per essere rivelati; è un ottimo esercizio di sospensione del giudizio delle persone».
«Se non si fa ordine nelle dinamiche familiari, ci sarà sempre qualcosa che non va, senza sapere il perché, le costellazioni possono aiutare».
Se ci manca il nutrimento dei genitori, si tende a compensare con qualcosa per riempire un vuoto (cibo, alcol…). Non avere contatti con la famiglia per imparare a fare a meno del nutrimento, non è una soluzione. Di solito accade che si chiede al partner ciò che non si è ricevuto dai propri genitori. Quando un partner chiede qualcosa che non riusciamo a dargli, è perché cerca qualcosa che non ha ricevuto dai suoi genitori.
«Dobbiamo pensare alla nostra famiglia come a una presa di corrente. C’è una sola presa che può ricevere la mia spina e quella presa sono i nostri genitori. Se si ha bisogno di corrente, la carica giusta ce l’hanno solo loro anche quando i genitori non ci sono più. È qualcosa di spirituale e profondo. È lì che c’è quello che ci serve. Chi fallisce è perché non trova quella presa. Se non trovo il mio posto nella famiglia, mi sentirò sempre di essere dove non devo essere.
Riprendere la conversazione, riprendere la connessione con le radici. La stabilità si trova in ognuno di noi; si dovrà mantenere il contatto con quello che si è sentito dentro. Per proteggerlo e per risentirlo, per proteggere la sensazione. Gli abitanti delle CF sentono le emozioni; esse si ripercuotono anche ai membri della famiglia che sono stati interpellati nelle varie CF. Dalla costellazione esce sempre un seme: anche “dall’altra parte”: può essere subitaneo oppure potrà avere bisogno di maturare.
Abbiamo un posto interiore all’interno di ogni famiglia. Se in una famiglia ci si sente grandi, superiori, giudici, dobbiamo farci piccoli per riconquistare il nostro posto».

Fare un passo indietro; se mi sento fuori posto, non mi sto comportando da figlio che ha bisogno di prendere… (soprattutto se non si è mai stati trattati da ‘piccoli’ che hanno bisogno di attenzioni e cure).
Il genitore a volte fa fatica a riconoscere il figlio. Non chiediamoci come sia possibile, perché è qualcosa che non avviene con il ragionamento, ma è una sensazione interiore che qualcosa non torna; occhio ai pesi, perché alla lunga schiacciano. Se non mi ricarico, ho un vuoto di energia che mi genera una grande pesantezza.
«Tutti noi dovremmo rimanere piccoli. Anche a ottant’anni, quando i nostri genitori ne hanno 110; se mi avvicino a loro come piccolo, continuerò a nutrirmi di loro. Se voglio riprendere la presa e inserire la spina per rigenerarmi, dovrò fare così: sono tua figlia, mi riavvicino perché sono venuta a prendermi un abbraccio».

Concludo con una considerazione di carattere generale. Le CF possono davvero aiutarci a ritrovare serenità e pace tra le persone che popolano la nostra esistenza.
Un figlio ha sempre bisogno di ricevere da un genitore. Un figlio non può portare i pesi di un genitore, però non deve neanche farsi trattenere da questo fardello. Attraverso le CF può emergere che colui che vuole risolvere il suo problema, non riesce a liberarsi dai pesi, fa delle prove, però non raggiunge una liberazione completa. Ecco perché facendo affiorare l’esistenza di un peso familiare, capendo che qualcosa che è accaduto ai nostri genitori/nonni/parenti non ci riguarda, ci liberiamo del blocco interiore».

SILVIA VERONESE

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24Nov

Intervista… dall’altra parte del microfono

24 Novembre 2023 silvia Racconti 70

Racconti

Sono stata invitata a parlare della mia professione e delle sue declinazioni per poter essere ‘spendibili’ oggi, nel mercato. Come si può cambiare restando ancorati alle proprie predisposizioni e nello stesso tempo essere di supporto al tessuto economico produttivo del nostro territorio. Su radio Canale Italia, ospite di Story time.

https://www.youtube.com/watch?v=-5S3QAb5qvc

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30Ott

Inutile cercare fuori

30 Ottobre 2023 silvia Racconti 79

Racconti

Inutile cercare fuori

Il mio Maestro non dà lezioni,
ma cammina al mio fianco.
Se gli chiedo di insegnarmi il senso vero della vita,
mi risponde che posso solo rubarlo.

Il mio Maestro mi invita a raccontare storie
più che a inventare personaggi, perché
«non sei tu che devi cercare la creazione,
ma lascia che sia la creazione a cercare te».

Il mio Maestro mi rivela l’arte,
la profondità di un dipinto,
i colori, la luce, le forme:
«guarda il blu di Giotto, non è l’azzurro di Michelangelo,
perché quello che vedi non è sempre quello che è».

Il mio Maestro mi chiede di capire
per proteggermi dalle verità rivelate
e insiste sull’autenticità del dubbio
perché solo così saprò abbracciare la conoscenza.

Il mio Maestro è la mia ombra,
mi prende il viso tra le mani e il suo sorriso
ha parole limpide e fresche come l’acqua.

Il mio Maestro profuma di fiori di cotone,
ma abbatte certezze che non sono mie,
paure inutili e benedice il mio viaggio
verso gli abissi inesplorati della mia stessa essenza.

Il mio Maestro mi dimostra
che la vita non è un parco giochi,
e mi invita a gettare il cuore oltre l’ostacolo,
perché il dolore è una prova
che dà senso a ciò che accade
e non un campo pugnace gremito di nemici.

Il mio Maestro si disvela
nella scelta delle relazioni giuste:
«rispetto per tutti, affetto per pochi,
amore solo per chi vuole la tua felicità».

Il mio Maestro non mi giudica,
ma alimenta la mia volontà
nella scoperta della coscienza
per trovare spazio in mondi superni.

Il mio Maestro mi mostra la pienezza della vita,
perché non vale ciò che è accaduto
né ciò che potrebbe accadere,
ma solo ciò che scelgo accada.

Il mio Maestro ci sarà sempre,
soprattutto quando avrò deposto le armi
e sarò pronta alla resa:
festeggeremo insieme la mia nuova Itaca,
i tesori ritrovati, le ricchezze solenni
che stavano qui, a un passo da me.

Inutile cercare fuori.

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11Nov

Il cappello di Charlot

11 Novembre 2020 silvia Racconti 113

Racconti

COME STAI. IO? BENE… NON È VERO.
A tutte le persone che alla domanda imbarazzante di questi tempi: “come stai”, con altrettanto imbarazzo, rispondono: ‘bene!’… per come possa star ‘bene’ in questo frangente, chi cerca il vero significato dell’appartenenza alla vita.

IL CAPPELLO DI CHARLOT

E se qualcosa resta
tra le ore di ieri
e le ore di domani
a chi non si volta indietro
a guardare sedie vuote
e tavole piane
dimenticando parole
o risposte sterili
nel pieno fluttuare
di un lampo…
Non vorrei che in questo
respiro di vetri rotti
nel silenzio di una stanza
chiusa di spalle
si sentisse un rimbalzo
di ore indecise.
È del vento ora,
il solo pianto che sento.
E questo è un altro film
in bianco e nero
sordo di luce
muto di pace.

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23Lug

Vivere contro

23 Luglio 2020 silvia Racconti 119

Racconti

IL RIFIUTO DELL’APPRENDIMENTO E IL TRIONFO DELL’EMPIRISMO

Di solito pubblico articoli di carattere generale, legati alla mia professione, alle competenze, alle esperienze. Questa volto rompo gli schemi e pubblico una poesia perché sono stanca di cercare la ‘cosa’ interessante, l’invenzione del secolo, l’articolo scandalistico, la storia più eclatante. Nessuno legge, nessuno ascolta, nessuno è cambiato, tutto è ancora più asfissiante di prima. E per lavorare almeno per sopravvivere, si è costretti ad annaspare ancor più di prima. Vado contro, scrivo contro, penso contro. Una ‘cosa’ breve più di una folgore, che attiri l’attenzione, che aiuti a cambiare, che sia un tocco di bellezza struggente… mi è venuta solo una poesia con una bella foto. Buona lettura.

VIVERE CONTRO

Questo momento
razziato di qualsiasi
rivolo di ossigeno
come una superficie marziana
è un mare morto di negazioni
in un asfissiante labirinto di rose
che arde ogni profondo
respiro di supplica.

– No, non deve essere-.

Saprà aspettare quieto
questo filo d’erba inclinato,
gli alisei e una pioggia di rugiada
per drizzare la cima
e salutare di nuovo il sole
in un’alba dalla bocca di rosa?

– Si deve-.

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12Giu

Lo sportello dell’imprenditore

12 Giugno 2020 gitnetbanana Racconti 109

Racconti

LO SPORTELLO DELL’IMPRENDITORE

Nuova rubrica dedicata alle riflessione delle piccole aziende su temi di attualità che caratterizzano e spesso condizionano la vita delle imprese. Fare cultura resta la base per arrivare presto a fare la ‘conta’ di numeri di crescita.

Il quadro di recessione dovuta alla pandemia da covid-19, da un lato preoccupa il mondo produttivo imprenditoriale del nostro paese, dall’altro fa emergere la necessità di trovare nuovi spunti e sinergie per una strategia di rilancio che non potrà essere ‘isolata’, bensì globale.

Senza immaginare scenari spesso irraggiungibili che la parola ‘globale’ contiene nel suo significato, cercare nella rete delle piccole e medie imprese una qualche strategia di interrelazione, può essere il giusto spunto per ottenere risultati di ‘resistenza’ e sopravvivenza che stanno alla base di un processo di crescita.

 

L’innovazione resta il caposaldo della cura al fallimento. Noi abbiamo fatto questa scelta e vi possiamo dire che ci ha premiati. La pesante contrazione del PIL italiano registrata nel primo trimestre 2020 è stata pari al -5,3%, sintesi della contrazione del valore aggiunto in tutte le componenti produttive e dal lato della domanda si sono registrati contributi negativi sia dal punto di vista delle richieste nazionali che da quelle estere. Un quadro che profila una complessità da cui nessun paese da solo è in grado di uscirne in tempi rapidi senza condizionare la crescita potenziale e programmata a inizio 2020.

Per questo motivo crediamo che si debba a maggior ragione, fare attenzione su come torniamo a proporci al nostro mercato. Una certificazione, una qualifica o un accreditamento potranno garantire a imprese e consumatori una sicurezza che faciliterà gli scambi, ma soprattutto le richieste. Quando ci si presenta come operatori qualificati, certificati con strumenti di valutazione conformi alle norme, il servizio che andremo a proporre, sarà sempre e comunque visto come un servizio d’eccellenza e per questo affidabile.

Dobbiamo puntare proprio sull’affidabilità. A partire da come ci presentiamo, nei nostri piani di comunicazione e marketing. Oggi il cliente si aspetta la risoluzione del suo problema, in tempi stretti e che sia garantito da un lavoro risolutivo del problema, non i classici e obsoleti “chi siamo”, quanto esperienza abbiamo, quanto “bravi siamo” più degli altri.

Noi abbiamo deciso di “partire da noi” con questa linea, per affrontare il post pandemia, ma soprattutto per essere pronti a parare il ‘conto’ che ci presenterà il post pandemia. Siamo noi i primi a porci al nostro mercato in chiave di apertura e di collaborazione.

Le competenze non si inventano, si sudano attraverso anni di ricerca, di esperimenti, di errori, di sconfitte e di vittorie. Le scorciatoie portano solo a ‘rattoppi’ di bassa qualità che non pagano né portano sviluppo.

Per STS Certificazioni

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09Giu

Settore artistico tradizionale falcidiato dalla pandemia

9 Giugno 2020 silvia Racconti 117

Dobbiamo trovare nuove strategie per rilanciare il settore a partire dalle nostre città

Settore artistico tradizionale falcidiato dalla pandemia

Dobbiamo trovare nuove strategie per rilanciare il settore a partire dalle nostre città

Mi è capitato di incrociare le riflessioni rassegnate di alcuni artigiani del settore artistico tradizionale. Il settore dell’artigianato artistico ha subito un durissimo colpo a causa delle necessarie misure di contenimento del virus. E’ stato tra gli ultimi a ripartire, almeno dal punto di vista del rilancio.  A mettere in crisi il comparto produttivo, oltre al perdurare del divieto di assembramenti e di manifestazioni fieristiche ed eventi, la diminuzione dei flussi turistici, fondamentali per la sopravvivenza di numerose attività artigiane legate al comparto.

Continuando nel dialogo, ho condiviso con loro una strategia per tentare di risollevare il comparto: cercare di sensibilizzare i concittadini, di ripartire dalle città d’arte e ricche di storia in cui lavorano queste botteghe.

Considerando le difficoltà di reperire gli aiuti statali previsti dai vari Dpcm, la ripartenza dovrebbe partire proprio dal sostegno della produzione artigianale locale delle nostre realtà.

L’appello alle istituzioni, dal Governo alla Regione a sostegno del comparto che soffre già da tempo di una crisi che non è mai stata presa in considerazione veramente, verrà accolto?

Pur rispettando le prescrizioni del distanziamento sociale, la maggior parte delle botteghe, sono di piccole dimensioni e vendere non è facile. Vero che si sono lanciati nell’e-commerce, ma non sempre il commercio online dà gli stessi risultati dell’offline. Non dimentichiamoci che la difficoltà di accesso ai mercati internazionali e di utilizzo delle tecnologie, c’era anche prima della pandemia. Pur offrendo una produzione di altissima qualità che ha un valore culturale inestimabile, si rischia di andare in malora.

Mi chiedo: la cultura artigiana, ha ancora un ruolo determinante sull’economia? Mi sembra che in questa emergenza si sia perso di vista questo importante valore. Perdere l’attività dell’artigianato artistico non significa soltanto perdere posti di lavoro, significa soprattutto perdere l’immagine culturale e storica del nostro paese.

Orafi, artisti del ferro e del legno, vetrai, orologiai, restauratori, scalpellini. Un patrimonio di manualità inestimabile che con il lockdown ha subito una battuta d’arresto che lascerà cicatrici indelebili.

La regione Veneto nel 2019, risultava la regione italiana più specializzata nel comparto dopo Toscana e Marche. Le ricadute del Covid però rischiano di compromettere questo scenario.

Alla fine del primo trimestre 2019 in Italia le imprese dell’artigianato artistico e tradizionale erano 288.302 con 801.001 addetti, vale a dire il 22 per cento delle imprese artigiane e il 28 per cento degli addetti dell’artigianato nazionale. I dati del Veneto non si discostano dalla media nazionale.

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25Mag

È tempo di tirar fuori le antenne per sintonizzarsi sul canale giusto

25 Maggio 2020 gitnetbanana Racconti 113

Racconti

Non ho webinar gratuiti da proporre, non devo lanciare nessun nuovo canale-chat su Telegram o gruppo Facebook e non ho nessuna super scoperta da annunciare che potrà cambiare le vostre vite.

Voglio soltanto condividere una personale riflessione.
Tutto è tornato come prima. Eppure si continua a leggere e ad ascoltare che “tutto non sarà più come prima”. Sbagliato. Fuori (nelle città) la gente è tornata ad ammassarsi, spesso senza dispositivi anti contagio, mettendo in difficoltà i poveri esercenti. Dentro (nei dispositivi digitali), ciò che si misura, ovunque si diriga l’attenzione alla ricerca di informazioni e di chiarimenti, è un vorticoso tsunami digitale che ci travolge, facendomi sentire un alieno che ha lavorato finora solo grazie a qualche arcana forma di fortuna. Da domani, se non troverò la formula per un incantesimo che mi trasformi in qualcosa che non sono, non avrò più di che collocarmi professionalmente nei miei ambiti.
Sembra che nei tre mesi in cui si è fermato il mondo, sia cambiato il sistema di comunicare all’esterno le competenze, i servizi, i prodotti del fare impresa.

E’ vero che il processo era già iniziato e che molte imprese (soprattutto le piccole) non l’avevano mai preso in considerazione. Come è vero che si può non credere a ciò che qualcuno scrive o dice. Per un rispetto di logiche speculative, bisognerebbe sentire più ‘campane’ e attraverso l’analisi della propria mappa della realtà, delle dinamiche che ci vedono coinvolti in un contesto sociale, farsi una propria idea e condividerla.
Come persona e anche come professionista, non sarò più quella di prima. Mi sono interrogata e in questi giorni che per necessità di lavoro, sono tornata a confrontarmi di persona con le persone, ho capito che come ha detto qualcuno, dobbiamo fare i conti con una nazione di uomini che sono pecore e i cui pastori sono guide cattive.
Tutti ammassati ovunque, tutto come prima. Non è servito a nulla né il lockdown, né i morti, né il terrore seminato, né i sacrifici… tutti fuori a festeggiare la fine della cattività.
Perché coloro che hanno saputo costruire “una stanza tutta per sé”, sono ancora troppo pochi.
Non credo che i ‘tutti’ fossero per lo più medici o infermieri, operatori sanitari o comunque personale che ha dato tutto in questi tre mesi e che ha salvato vite proteggendo un paese intero.
Non sono un pastore, non ho responsabilità di transumanze di greggi, ma nel mio piccolo proverò, a chiunque potrò incrociare professionalmente, a lasciare un messaggio nuovo: non possiamo più permetterci di rimanere ciò che decidiamo di essere, solo perché in un determinato tempo storico ci ha fatto comodo essere tali. Le zone di confort sono deleterie in questa era. Imparare a cambiare (non ad adattarsi), è un dispositivo che dobbiamo utilizzare molto più spesso di un tempo.
Abbiamo un cervello diviso in due, lo sapevate? Emisfero destro sede dell’immaginazione, del talento, della sensibilità artistica della creatività e il sinistro sede della logica e della razionalità. Lo hanno sentito dire tutti, certo, ma forse hanno dimenticato che l’emisfero destro è per i più ingessato, inattivo, mentre se opportunamente stimolato, risulta il più grande problem solver a nostra disposizione.

Chi si convince di valere 5, non riuscirà mai a ottenere performance da 10. L’autostima è una brutta bestia che va domata. Epitteto diceva che non possiamo accettare che la realtà è ciò che ci accade, perché la realtà è il modo in cui noi rispondiamo alle cose che ci accadono. Quante storie inutili ci raccontiamo pur di giustificare un fallimento o pur di scaricare sul caso e su altri, la colpa della sventura cui siamo incorsi. Perché e a chi dobbiamo pagare il pizzo di questa convinzione limitante? Perché dobbiamo avere sempre tutto sotto controllo e di conseguenza rallentare lo sviluppo al cambiamento? Niente è facile, ma tutto è raggiungibile. Non senza impegno, sapendo che sarà necessario sacrificare qualcosa e che non è l’obiettivo a renderci grandi, ma il viaggio che abbiamo fatto, le difficoltà superate, le cadute e le risalite fatte per arrivare all’obiettivo.

So che di questi tempi non è una proposta da fare la mia. Prendersi un giorno sabbatico al mese per un’auto-formazione che vi procurerà una grande fortuna. Ricavarsi un’ora al giorno per cercare di trasformare un’idea buona in un progetto che potrà accrescere la vostra autostima, per cercare chi potrebbe aiutarci in questo nuovo percorso.
Sono d’accordo che il processo di digitalizzazione nella comunicazione aziendale è ormai irreversibile, che tutte le aziende dovranno dotarsi di un nuovo piano aziendale e di professionisti validi per perseguirlo.
Non sarà però, un super piano strategico di marketing e comunicazione, non saranno i backlink, le keyword, i raggiri agli algoritmi dei social da soli, a risolvere i problemi delle aziende.
Ormai i clienti si allontanano da chi gli voglia vendere qualcosa, ma hanno il piacere di acquistare, di trovare chi gli risolva un problema, chi sappia ancora premere le corde dell’emozione. Non diamo per scontato tutto quello che incrociamo come informazioni. Chiediamo, confrontiamoci, cambiamo, ma con un piano chiaro in testa.

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13Mag

Dove la rete si fa ‘rosa’, nascono le opportunità

13 Maggio 2020 silvia Racconti 118

Racconti

Venti professioniste che si sono conosciute su Linkedin grazie a un video seminario di Maria Letizia Russo, collegate dalla docente in un gruppo “quellechelinkedin” sulla ‘messaggistica’ del social, stanno mettendo insieme una serie di buoni consigli per aiutare le imprese in difficoltà

Accade che si decide di seguire un primo webinar su come sfruttare le potenzialità di Linkedin. Accade che nell’aula virtuale di una brava trainer e consulente Linkedin e sales navigator, tale Maria Letizia Russo, conosciuta fortuitamente grazie all’algoritmo della piazza web di microsoft, si siano ritrovati in media, 40 professionisti.

Accade che si frequentano altri webinar di lady Russo, si seguono ulteriori approfondimenti e verifiche.

In meno di un mese “lady Linkendin” ha creato un nuovo network di persone che scegliendo di continuare a formarsi nei mesi di fermo da pandemia, ha imparato e si è affezionata a un nuovo modo di allargare gli orizzonti.

Non è stata la ricerca di una socialità alternativa a quella negata, il bisogno di ritrovarsi in un club virtuale di quasi disperati che cercano di farsi una reputazione su Linkendin per reclutare nuovi contatti professionali, per suscitare fiducia, per creare contenuti interessanti… Né soltanto la necessità di imparare le tecniche di corteggiamento del pubblico per aumentare i collegamenti e per fare un incantesimo all’algoritmo birichino. E’ stata una serie di casualità legate a necessità formative.

Sta di fatto che lady Russo crea un gruppo sui messaggi di Linkedin… pochi maschietti che si sono poi defilati, mentre 20 donne, “quellechelinkedin…”, hanno iniziato a dar vita a una chat molto interessante.

Sia chiaro, niente chiacchiere da bar, ma un re-framing della situazione di semi-detenzione che ci ha fatto scoprire l’utilità di un ritrovo virtuale, innovativo, mai banale, a volte pure divertente. Per il solo piacere di ricevere un consiglio, di scambiare un’opinione, di ricevere un supporto da problem solver.

“Le donne lo sanno, c’è poco da fare, c’è solo da mettersi in pari col cuore, lo sanno da sempre, lo sanno comunque per prime”. Ligabue canta e “quelle che linkedin…” dimostriamo che ha ragione.

Così, dalla Sicilia al Veneto, una squadra di professioniste si è organizza anche in tempo di detenzione pandemica in rete, per costruire progetti e soprattutto per aiutare a ripartire il mondo delle imprese.

Si sta definendo un protocollo dove saranno sintetizzate una serie di buone regole da condividere con i propri clienti in difficoltà per affrontare la ripartenza. Sarà completo di consigli sulle strategie di marketing, su come utilizzare Linkendin, su come comunicare in modo efficace davanti a una webcam, su quali strategie puntare per rialzare le ali…

Con la regia di lady Maria Letizia Russo, la nostra collaborazione a servizio di chi chiamerà.

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Silvia Veronese comUnica
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