Tolgo il cappello bianco e metto quello rosso
… Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state… Vedo la casa, ecco le rose del bel giardino di vent’anni or sono! Vieni! Sarà come se a me, per mano, tu riportassi me stesso d’allora. Il bimbo parlerà con la Signora. Risorgeremo dal tempo lontano… (Cocotte, Guido Gozzano)
Atto primo.
Intuizione. Siete pochi, ma ho scoperto che ci siete e che vi è mancato l’appuntamento dei cappelli colorati.
Distacco. Ieri ho indossato il cappello bianco, quello neutro, distaccato, obiettivo. Per questo non ho scritto. Ho capito che non sarò più come prima. Che questa intromissione draconiana di divieti al nostro modus vivendi (che per fortuna non mi sta mettendo ansia), lascerà un segno nella mia vita e non sarò più quella di prima.
Agire compulsivo. Amo il cambiamento. Le zone di confort le evito… ci sto due giorni e dopo devo uscire, perché non riesco ad accontentarmi. Sento che c’è un qualche altro mondo straordinario migliore di quello che mi ospita da due giorni che mi spinge alla ricerca. Sono un esploratore.
In questi giorni il mio rimedio alla “situazione strana”, è l’iperattività. Ieri, quando mi sono accorta finalmente che lafuori non era tutto come sempre, che un silenzio innaturale dominava le sedici del pomeriggio, che le serrande erano tutte chiuse, che siamo terribilmente fragili e che ciò che mai sarebbe dovuto accadere, è accaduto, ho sentito. Mi sono concentrata sul qui e ora, perché se corro inlà a quando tutto sarà finito, vedo la rincorsa al recupero del rimandato, l’assalto delle case editrici perché tutti si saranno messi a scrivere: “i giorni al tempo della pandemia” e si sentiranno meritevoli di riguardi, l’aggressione di massa di coach, motivatori, influencer che devono recuperare fatturati e clienti perduti in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo…
Ergo, non scrivo il mio contributo, tanto è inutile, tutti migliori di me lafuori.
Stop, signore e signori, scende il sipario.
Atto secondo.
Cose che non so fare. Ho abbracciato il cahos e mi sono ripromessa che devo imparare il più possibile a farmi le cose, perché nonsisamai. Fare e poi possedere la materia plasmata e raffinata, dà più che mai un senso di onnipotenza e in questo momento se ne ha un gran bisogno.
Cuscini. Mia madre sa fare tutto. Da lei ho imparato molte cose. Nell’ambito ‘cucito’, in modo approssimativo. Sta che non potrei concepire una condizione senza una macchina per cucire in casa. Per me è importante averla funzionante come l’aspirapolvere, il ferro da stiro…
Siccome ho imparato che spostare l’arredamento di casa, cambiare le fodere dei cuscini e rendere più belli gli ambienti dove viviamo, modifica la nostra attitudine mentale e poiché ho bisogno che in ogni stanza ci sia armonia di colori, mi sono inventata di fare le fodere dei cuscini appoggiatesta, abbinati alla biancheria del letto. Cerco nel baule di mia madre che è come la borsa di Mary Poppins, non ha fondo e scelgo la stoffa… Confeziono i cuscini e poi decido che la cerniera questa volta, voglio imparare ad attaccarla io. La mamma insegna, con la sua macchina per cucire (un’astronave! Altro che la mia!) e io imparo.
Risultati. Ho due bellissimi cuscini a motivi damascati rosapesco su bianco, e tutto brillerà di più…
Impressioni. Fuga di sentimenti ieri. Stati d’animo che nessuno vuole leggere o ascoltare.
Spero che il ciclo strano, magari dopo un bell’acquazzone che ripulisca via tutto, riporti un po’ di disciplina. Ieri ho vomitato pensieri legati a ricordi, a cose fatte e non, a quanto siamo niente e che niente continuiamo a voler essere, perché non ci pensiamo.
Presentimenti. Indosserò il cappello rosso che mi autorizza a esprimere sentimenti che vanno dalle sensazioni ai presentimenti. Perché col cappello rosso non sono tenuta a giustificare o spiegare una sensazione. Posso recitare la parte del poeta che scrive col cuore, anziché procedere con la ragione.
Spirale. Il simbolo di questo tempo potrebbe essere il serpente caduceo, la spirale archetipo di evoluzione di una forza e di uno stato. Una linea che si avvolge su se stessa, un motivo aperto e ottimista. Parto da un’estremità e arrivo all’altra. Prolungo e mantengo all’infinito questo movimento. La spirale è un tipo di linea che collega eternamente due estremità del divenire. Esprime emanazione, estensione, sviluppo, continuità ciclica e rotazione di creazione. Se la raddoppiamo diventa la linea mediana dello yin-yang. Aggiungo un’altra asse di legno alla costruzione del ponte oriente/occidente.
Non siamo tutti uguali nell’emergenza.
E io divento un granello di sabbia e il mio diventa il vano tentativo di emarginare la massa amorfa degli umani. Sono andata a fare la spesa per la prima volta dopo una settimana. Volevo scappar via! Ma quattro cose indispensabili (non ho scorte. Compro quello che mi serve e quando è terminato, ricompro) mi hanno spinto a gettarmi nell’agone.
Ero la moglie del medico del romanzo distopico Cecità di José Saramago. Ero l’unica ad avere la vista in mezzo a un branco famelico di ciechi. Stop. Fine secondo atto. Giù il sipario.
Distopìa. Restiamo a casa. Il futuro che possiamo immaginare sarà idilliaco. I pensieri che potremo fare saranno sicuramente radiosi. Fuori ci sono solo ciechi abbacinati.
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