Affrettiamoci lentamente (festina lente)
Ho letto un interessante saggio di Lamberto Maffei, professore dell’istituto di Neuroscienze del CNR della scuola Normale di Pisa, nonché presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei. ELOGIO ALLA LENTEZZA.
Mai come in questo tempoaltro, torna utile la sua lucida e comprovata analisi che l’essere umano non è programmato per la velocità. Non stupisca dunque, il “festina lente” eletto a inviato della mia personale e professionale ‘incarnazione’.
Il cervello è una macchina lenta, ma la velocità del mondo con il suo tempo forzatamente zippato, ci costringe a rispondere in tempi brevi a mail, post, messaggi. Siamo iper-sollecitati da una quantità innumerevole di immagini che ci catapultano in una frenesia cognitiva e visiva che provoca frustrazione e affanno. In queste settimane di arresti domiciliari, costretti a restare giorni e giorni in un luogo fisso, quanto è stato difficile educare noi stessi a ritmi diversi? Quante volte abbiamo rimpianto la ordinaria frenesia, nonostante si fosse spalancato un varco semantico legato alla revisione delle nostre vite, alla ricerca di un’introspezione dimenticata, al riconoscimento di valori perduti?
La felicità suprema del pensatore è sondare il sondabile e venerare in pace l’insondabile, diceva Goethe. Il cervello umano è una macchina meravigliosa e complessa che merita di essere esplorata, perché può far chiarezza sulle anomalie che un attento fruitore e osservatore del genere umano, registra.
I così detti “uomini rapidi”, gli schiavi del mondo altamente tecnologizzato in cui siamo immersi, riusciranno a vincere sull’evoluzione della specie?
Se il sistema lento e quello rapido non trovano un equilibrio si avrà il risultato di un minor controllo sul comportamento. Che fine farebbe la funzionalità dell’amigdala, quel complesso nucleare, grande come una mandorla posto nei pressi del lobo temporale che governa le emozioni e in modo particolare la paura?
“Il successo evolutivo degli uomini rapidi porterebbe alla scomparsa di tutte le azioni considerate inutili, come la contemplazione, la poesia, la conversazione per il piacere di parlare e la comparsa di una nuova arte, quella della rapidità dove la poesia è un tweet e la pittura una pennellata”.
Non traggo conclusioni. Dico soltanto che mi hanno obbligata a fermarmi, ho avuto paura di farmi legare al palo della mia nave come Ulisse per non cedere al canto delle sirene, ho superato una parte del viaggio, ho fatto mio il festina lente e ho capito che questa è la direzione giusta. Troppe cose accadute per caso stanno confermando un’intuizione potente e persistente che non riuscivo a tradurre in azione.
Attendo il momento in cui potrò ancora assaporare la bellezza e l’armonia di un’opera d’arte in una mostra, di un museo sconosciuto, di un concerto, di una rappresentazione teatrale e lo farò in modo del tutto nuovo, con la consapevolezza che “la pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché non ha nessuna apparenza eroica” (Giacomo Leoprardi). Affrettiamoci lentamente.